mercoledì 11 luglio 2018

Formaggi DOP e IGP italiani 34

Fiore sardo DOP

Di origine antichissima, risale al periodo nuragico.


Il termine “fiore” che ne caratterizza il nome fa riferimento al fatto che, per la sua formatura, si usassero fino a non molto tempo fa delle forme (“pischeddas”) forate, di legno di castagno, di quercia, o di pero selvatico, sul cui fondo era scolpito un fiore - forse il giglio o l’asfodelo - che lasciava sul formaggio un vero e proprio marchio che conteneva spesso anche le iniziali del nome del produttore.
Storicamente era prodotto dai pastori nei loro caratteristici rifugi di montagna, con il focolare al centro, vicino al quale le forme, appoggiate sopra un letto di canne, trascorrevano il primo periodo di stagionatura e acquisivano il caratteristico sentore di affumicato.
E’ un formaggio con caratteristiche sensoriali molto particolari che ne fanno quasi un “unicum” nel panorama caseario nazionale.
Ha l’aspetto tipico di un pecorino con uno scalzo significativamente alto. La pasta è dura e, a stagionatura abbastanza elevata, si presenta con frattura “a roccia”, friabile e abbastanza solubile. Il suo ricco profilo olfatto-gustativo, intenso e persistente, presenta note affumicate su base di lattico cotto, animale ed erbaceo. Il sapore non è sempre equilibrato presentando frequentemente – specie nelle stagionature più avanzate - un eccesso di note “dure” (sapidità, acidità e amaro) che, unite all’abbondante granulosità della pasta, non lo rendono particolarmente gradevole come formaggio “da tavola”.
E’ un ingrediente insostituibile che connota moltissimi piatti regionali della tradizione.
Predilige vini rossi adeguatamente invecchiati, meglio se della regione (Cannonau di Sardegna, Mandrolisai, Carignano del Sulcis Rosso, ma anche Velletri rosso, Brunello di Montalcino, Montepulciano, …). 

                                                                                                                      FONTE ONAF

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